Controversie di lavoro

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La maggior parte delle controversie di lavoro riguardano la CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO che può avvenire per scadenza del termine contrattuale, licenziamento, risoluzione per mutuo consenso (art.1372 cc) o impossibilità sopravvenuta di eseguire la prestazione per cause di forza   maggiore (art.1463 cc), per inadempimento di uno o entrambi i contraenti (art.2119 cc), recesso  unilaterale  (art. 2118 cc), scioglimento in caso di morte del lavoratore o cessazione totale dell’impresa.

Il Codice Civile del 1942 non poneva limiti alla facoltà di licenziamento consentendo a ciascuno dei contraenti di recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato senza fornire alcuna motivazione (AD NUTUM) con l’unico vincolo del preavviso. Tale obbligo venivai inoltre meno qualora si fosse verificata una giusta causa che non consentisse la prosecuzione anche provvisoria del rapporto" (c.d. GIUSTA CAUSA – art. 2119 C.C.)

In attuazione al comma 1 dell’art. 4 della Costituzione (diritto al lavoro) I vari contratti collettivi hanno via via introdotto tutta una serie di limitazioni.


Con l’art 18 della Legge 300 del 20.5.1970 (Statuto dei Lavoratori) viene introdotto il principio della giustificazione obiettiva del potere di recesso dell’imprenditore che stabilisce che in caso di licenziamento illegittimo perchè non sorretto da giusta causa o giustificato motivo, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione sul posto di lavoro (Stabilità reale).

Secondo l’art. 2119 del Codice Civile "ciascuno dei contraendi può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto (giusta causa). Nel concetto di giusta causa rientrano quei fatti connessi ad ambo le parti (per la Cassazione anche non pertinenti all’attività lavorativa) che, per la loro gravità, abbiano fatto venir meno il rapporto fiduciario (es. Il lavoratore che violi l’obbligo di fedeltà, di diligenza, ecc. o il datore di lavoro che non conceda le ferie, la retribuzione, ecc.) come ad esempio per cause che mutano l’andamento dell’azienda a tal punto da rendere incompatibile l’utilizzo del personale divenuto superfluo anche in altre mansioni equivalenti a quelle proprie (fungibilità)o allorq
uando si configura un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore. Rispetto alla giusta causa, in questo caso, l’inosservanza dei doveri, da parte del lavoratore deve configurarsi come notevole altrimenti si fa ricorso alle sanzioni disciplinari.

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Salvo che per giusta causa, cessata attività aziendale o per scadenza del termine, i licenziamenti sono vietati nei seguenti casi:

Matrimonio della lavoratrice
(art. 1, legge 9.1.63, n. 7)
 Dal giorno delle pubblicazioni del matrimonio ad un anno dopo la sua celebrazione.In caso di dimissioni, le stesse sono nulle se non confermate presso la Direzione Provinciale del Lavoro

Gravidanza e puerperio
(art. 2 legge 30.12.71, n. 1204)
 Dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del neonato

Infortunio o malattia
(art. 2110 del Codice Civile)
 Per tutto il periodo previsto dalle leggi o dai contratti in caso di infortunio sul lavoro o malattia professionale.In caso di malattia generica il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto per il periodo di comporto. Se il licenziamento avviene durante il periodo di preavviso, questo rimane sospeso fino alla guarigione (Cassazione del 22.4.77 n. 1523)

Servizio di leva
(DPR n. 237/64 – DLCPS n.303/46)
 Il lavoratore, che sia alle dipendenze del datore di lavoro da almeno 3 mesi, e che sia chiamato in servizio di leva, ha diritto alla conservazione del posto fino al 30° giorno successivo al congedo.

Richiamo alle armi
(artt. 2110-2111 C.C. – legge n.370/55)
 Il lavoratore richiamato alle armi ha diritto alla conservazione del posto e non può essere licenziato prima che siano trascorsi tre mesi dalla ripresa dell’occupazione

Cariche sindacali
(artt. 18 e 22 della legge n. 300/70)
 In caso di nomina a membro di Commissione interna o a dirigente aziendale (R.S.A. /R.S.U.), il lavoratore non può essere licenziato o trasferito.

Pubbliche funzioni
(art. 51 della Costituzione)
 Il lavoratore eletto a svolgere pubbliche funzioni ha diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Sciopero
(art. 1 lege n. 300/70)
 Lo statuto dei lavoratori vieta espressamente il licenziamento di coloro che partecipano ad azioni di sciopero.

Il licenziamenti individuali deve avvenire per forma scritta, il lavoratore può chiedere entro 15 giorni  i motivi e il datore di lavoro deve rispondere entro 7 giorni (se si tratta di licenziamento disciplinare, occorre seguire la procedura di  cui all'art.7 S.L.). Il licenziamento deve essere impugnato entro sessanta giorni

L’accordo interconfederale (Confindustria CGIL CISL UIL) del 20.4.1965 introduce la possibilità, per il lavoratore licenziato, di attivare una procedura conciliativa intersindacale, ovvero la costituzione di un collegio arbitrale.

Se il Giudice ritiene ingiustificato il licenziamento o nullo per motivi discriminatori può disporre la reintegrazione o il risarcimento del danno (minimo 5 mensilità); il lavoratore può rinunciare alla reintegrazione e chiedere al datore di lavoro il pagamento di una indennità risarcitoria di 15 mensilità; se il datore di lavoro invita il dipendente a riprendere il servizio e questi non risponde entro 30 giorni, il rapporto si risolve.

Il ricorso avanti al Pretore del lavoro deve essere preceduto dalla richiesta di conciliazione avanzata secondo le procedure   previste dai ccnl ovvero dagli artt. 410 e 411 del Codice di procedura civile. In assenza la domanda è improcedibile.

Se il tentativo di conciliazione fallisce, ciascuna parte può promuovere entro venti giorni il deferimento della controversia a  un collegio arbitrale.

Se il Pretore ritiene ingiustificato il licenziamento può disporre la riassunzione entro tre giorni oppure il risarcimento del danno compreso tra un minimo di  2.5 mensilità e  un massimo di :

a)   6 mensilità, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio, al  comportamento e alle condizioni delle parti;

b)  10 mensilità, se l'anzianità è superiore a 10 anni e il datore di lavoro occupa più di 15 dipendenti;

c)  14 mensilità se l'anzianità é superiore a 20 anni e il datore di lavoro occupa più di 15 dipendenti.


Quanto fino'ora detto non è applicabile ai rapporti di lavoro domestico, ai datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale,ecc, ai lavoratori ultrasessantenni, in possesso dei requisiti pensionistici, se non hanno optato per la prosecuzione del   rapporto di lavoro ex art. 6 legge 54/1962.
 


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